21 October 2025

 La conoscenza scientifica alla base della democrazia

 

Da "Il Sole 24 ore" - 21/10/2025
 
...Anche la scienza si regge su questo principio: nessuno può essere esperto di tutto. La conoscenza scientifica procede come una catena di montaggio ben oliata, fondata su una divisione del lavoro epistemico. Per questo abbiamo bisogno degli scienziati – quelli veri. Ma ancora di più, abbiamo bisogno di strumenti per riconoscerli. Serve cioè un’educazione civica epistemica: la capacità di orientarsi in un ecosistema informativo troppo rumoroso, affollato e spesso inquinato. Di distinguere una fonte affidabile da una voce autoreferenziale, il consenso della comunità scientifica da un’opinione individuale, un argomento fondato su prove da uno gonfiato di retorica, propaganda o pregiudizi. 
(...) Anche la scienza si regge su questo principio: nessuno può essere esperto di tutto. La conoscenza scientifica procede come una catena di montaggio ben oliata, fondata su una divisione del lavoro epistemico. Per questo abbiamo bisogno degli scienziati – quelli veri. Ma ancora di più, abbiamo bisogno di strumenti per riconoscerli.
Serve cioè un’educazione civica epistemica: la capacità di orientarsi in un ecosistema informativo troppo rumoroso, affollato e spesso inquinato. Di distinguere una fonte affidabile da una voce autoreferenziale, il consenso della comunità scientifica da un’opinione individuale, un argomento fondato su prove da uno gonfiato di retorica, propaganda o pregiudizi. 
(...) La scienza è considerata credibile finché ci consente di comprendere la realtà, agire in modo efficace, formulare previsioni quanto più accurate possibile. Ma resta sempre pronta a essere aggiustata – o rivoluzionata – se emergono nuove evidenze.
Non è la pretesa di infallibilità, ma la disponibilità a essere confutata e a cambiare idea, che la rende il miglior strumento conoscitivo di cui disponiamo. Difendere la scienza non vuol dire mitizzare gli scienziati. Non ci fidiamo della scienza perché i suoi protagonisti siano più saggi o moralmente superiori; ma perché è concepita per progredire nonostante gli errori, i pregiudizi e la naturale fallibilità di chi la pratica.
La sua affidabilità non deriva dalla purezza delle intenzioni individuali, ma dalla critica tra pari, dal confronto pubblico delle prove e dalla replicabilità dei risultati.
Non si tratta di credere ciecamente a singole persone, ma di riconoscere il valore di un sistema collettivo, organizzato per individuare e correggere gli errori.
A rendere possibile tutto questo sono le istituzioni preposte allo scopo: università, centri di ricerca, accademie, enti pubblici di valutazione, riviste scientifiche e procedure di peer review
(...) Ma quando il consenso è ampio, robusto e ben sedimentato – come nel caso della causa antropica del cambiamento climatico – dare spazio pubblico al dubbio o a teorie alternative non è apertura intellettuale o un esercizio democratico: è disinformazione. Le tesi negazioniste climatiche non sono nuove. Sono già state analizzate, discusse, smentite e archiviate dalla comunità scientifica. Chi le rilancia oggi non partecipa al dibattito scientifico. In questi casi, il dubbio non è lo slancio sincero del ricercatore, ma lo strumento tattico del lobbista o il travestimento pseudoscientifico di un ciarlatano

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