Dante e la matematica
Osservazioni dal libro di Bruno D’Amore, Giunti, 2011
Una lettura interessante, stimolante per la modalità del racconto con cui D’Amore fa incontrare al lettore un Dante che mostra di conoscere e saper usare nozioni e competenze matematiche e scientifiche del suo tempo ma già orientate verso il nuovo, in quegli anni in cui nei comuni italiani si stanno mettendo le basi materiali e culturali che fioriranno nel Rinascimento.
Alcune citazioni esemplificative:
…sul numero:Dante nel Convivio, (…), scrisse infatti che sull’infinità dei numeri, l’occhio dell’intelletto non può fermarsi «però che ‘l numero quant’è in sé considerato, è infinito, e questo non potremo noi intendere».
- sul triangolo inscritto in un semicerchio (Paradiso canto XIII):
- sul triangolo e i suoi angoli (Paradiso canto XVII):
O cara piota mia che sì t’insusi,
che, come veggion le terrene menti
non capere in trïangol due ottusi,
così vedi le cose contingenti
anzi che sieno in sé, mirando il punto
Dante ha appena incontrato il suo avo Cacciaguida e intende dirgli che lo vede così elevato, così in alto con il suo spirito che, come le menti umane vedono con assoluta certezza che un triangolo non possa avere due angoli interni ottusi, così Cacciaguida vede le cose del futuro prima che avvengano. L’immagine è a dir poco stupenda: una specie di big bang temporale, un punto di assoluta contemporaneità, prima dell’inizio della freccia temporale. Ancora una volta, dovendo dare un esempio di impossibilità logica, Dante ricorre a un esempio geometrico (è il teorema XVII del I libro degli Elementi di Euclide.
- in Paradiso (Canto VI), sulla conversione di Giustiniano a opera di Agapito:
Io li credetti; e ciò che ‘n sua fede era,
vegg’io or chiaro sì, come tu vedi
ogni contradizion e falsa e vera.
Altro che principio aristotelico del terzo escluso. Qui si tratta di convincere, con una dimostrazione, non con un principio che ne sostituisce un altro. - La "potenza" delle potenze...:
>L’incendio suo seguiva ogne scintilla;
ed eran tante, che ’l numero loro
più che ‘l doppiar de li scacchi s’inmilla.
S’immilla, ecco sì. Se l’uomo raggiunge vette numeriche così impervie, raddoppiando, che cosa impedisce a Dio di moltiplicare per mille, immillando? Uno sulla prima casella, mille sulla seconda, un milione sulla terza, e così via, un numero divino, non umano, eppure finito, ma istante per istante, ogni scintilla… A gloria di Dio, eterna: angeli, non infiniti, ma di numero superiore a qualsiasi estro umano...Dante tentò, si dice, da vecchio, a Ravenna, di trovare un abacista in grado di dirgli quanto facesse quel numero, ponendo come limite a Dio, che assurdità, lo stesso numero di caselle di Sissa, e cioè “immillando” a partire da 1 e per 63 volte. Ma la storia non ci racconta di alcun matematico medievale in grado di fare questo calcolo, di mostrare cioè che, in ogni istante, da quel fuoco paradisiaco nascessero 1 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 di angeli a gloria di Dio.
- La quadratura del cerchio...(Paradiso Canto XXXIII):
Qual è il geomètra che tutto s’affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond’elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l’imago al cerchio e come vi s’indova;
Quando ebbe bisogno di far emanare luce dal volto di un angelo che si trovava con il Sole alle spalle, si servì nel suo Purgatorio (canto XV) proprio di versi la cui origine è nelle lezioni di ottica di Piero Ispano, (papa Giovanni XXI):
Come quando da l’acqua o da lo specchio
salta lo raggio a l’opposita parte,
salendo su per lo modo parecchio
a quel che scende, e tanto si diparte
dal cader della pietra in igual tratta,
si come mostra esperienza ed arte;
Un bel libro...
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