Insegnare è un lavoro. Non è una vocazione
Come insegnanti riteniamo sia necessario un approccio pedagogico radicale. fondato su una prospettiva interdisciplinare e intersezionale, un'educazione basata sul consenso, dal nido alluniversítå capace di parlare di affettività come un saper stare in relazione con se e con gli altri.
A ciò va affiancato un costante lavoro di critica dei saperi, attraverso la revisione dei testi scolastici, la riflessione sull'uso della lingua. sulle scelte bibliografiche e sulle tematiche. E ancora spazi di parola democratici e momenti di formazione e autoformazione.
(...) Una è la questione degli adeguamenti salariali, nonostante i recenti esigui aumenti con i livelli di inflazione attuali, il nostro è oggi considerato lavoro povero. A questo si aggiunge il peso del cosiddetto lavoro sommerso l'insegnamento viene socialmente percepito ancora come una sorta di part-time a stipendio pieno, senza tenere conto che con l'autonomia scolastica le mansioni sono aumentate. dilatando i tempi di lavoro. L'organizzazione degli istituti scolastici si regge su ruoli di coordinamento,
gestione e pianificazione diventati stmtturali. Questi ruoli vengono affidati a chi insegna senza prevedere esoneri né una retribuzione adeguata: sono incombenze che si sommano a quelle previste dalla funzione docente liquidate con compensi forfettari irrilevanti. Le scuole, inoltre, sono ormai obbligate a ínseguire costantemente bandi e progetti per trovare le risorse necessarie al proprio funzionamento pratire un'offerta formativa competitiva sul mercato degli Open Day, da cui dipendono il numero di iscritti e di conseguenza i posti di lavoro che si formano. Un'ulteriore carico pagato con somme irrisorie.
La presenza femminile a scuola è all'83 per cento, dato in aumento rispetto al passato.
Cosa centra tutto questo con l'essere lavoratrici donne? Nel parare di “femminilizzazione" del comparto scuola, Marcella Parioli evidenzia la persistente concezione del compito educativo come qualcosa di “naturalmente" destinato alle donne, un prolungamento del molo materno. che non solo associa la cura al femminile, ma deprofessionalizza l'insegnamento, equiparandolo a una forma di accudimento. Non è un caso che spesso si faccia riferimento al lavoro docente come a una missione, una vocazione, termini afßtto neutri che alimentano una retorica che fa da formidabile copertura ideologica di una svalutazione sociale dell'istruzione. Di fatto, più il contenuto culturale si specializza più viene affidato a docenti maschi. Laddove invece è maggiore la presenza delle donne, si trovano stipendi più bassi e minore
prestigio sociale. la scuola inoltre continua a reggersi su una schiera di personale precario, le cui condizioni contrattuali sono ancora più svantaggiose, e che deve sottostare ai continui cambi delle regole di immissione in mcrcato e a infiniti ricatti formativi.
Con l'attuale governoil quadro peggiora ulteriormente: Ie libertà di esercitare il nostro lavoro con spirito critico e di manifestare dissenso vengono minate da misure repressive come le recenti modifiche al codice di comportamento dei dipendenti pubblici che allarga alla sfera privata le limitazioni di comportamenti e opinioni.
Articolo da "Domani" - 8 marzo 2024 - Cattive maestre