Leon Battista Alberti: "Ludi Matematici"
Questa opera che Leon Battista Alberti volle dedicare a Meliaduso d’Este, fratello di Leonello d’Este fu scritta tra il 1450 e il 1453.
Perché “giochi matematici” e non piuttosto semplicemente “matematica” o meglio ancora “problemi di geometria e di fisica”, come sarebbe stato più rispondente al contenuto reale dell’opera? Perché promettere al suo destinatario «cose iocundissime » nelle quali «voi prenderete diletto sì in considerarle sì ancora in praticarle e adoperarle»?
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Credo si possa affermare che, in nessun tempo, la matematica sia stata la disciplina più amata nel mondo dell’apprendimento; la storia aneddotica ci insegna come, fin dall’antichità più remota, si sia manifestata una certa qual difficoltà da parte di taluni all’apprendimento della matematica. Valga l’esempio attribuito ad Euclide: «Non vi sono vie regali per la geometria», frase detta scacciando un principe che voleva imparare in fretta e senza sforzi la sua disciplina.
Ciò ha fatto sì che, sotto forma di finti “giochi”, si sviluppasse tutta una serie di testi, sollecitazioni etc. per spingere i giovani ad apprendere la matematica, ad accettarla, se non proprio ad amarla.
Ciò ha fatto sì che, sotto forma di finti “giochi”, si sviluppasse tutta una serie di testi, sollecitazioni etc. per spingere i giovani ad apprendere la matematica, ad accettarla, se non proprio ad amarla.
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Bisogna invece lodare e riconoscere la duttilità di pensiero, il grande afflato culturale a tutto campo, la padronanza che Leon Battista pone in queste cose, trovandole, come lui dice (o spera?), “iocundissime”.
È questo che lo rende partecipe di quell’Umanesimo totale di cui è uno degli esponenti più sublimi.
Il libro dell'Alberti è scaricabile da LIBER LIBER.
Il testo da cui sono presi questi brani è di Bruno D'Amore.
Foto originali di G. Scotto di Clemente: Leon Battista Alberti, particolari della chiesa di S.Andrea, Mantova.
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