22 April 2018

Le mani sull’infanzia per creare una scuola di bambini consumatori

 

Piero Bevilacqua, il Manifesto 21.04.2018 

Estraggo alcuni brani dell'articolo di Bevilacqua:

...Dal 1980 al 2004 gli investimenti in pubblicità destinata allinfanzia erano passati da 15 milioni di dollari lanno a 15 miliardi.
Non è naturalmente un fenomeno americano. La Psicologa Susan Linn in un saggio del 2010 del Worldwatch Institute dedicato alla «commercializzazione nella vita dei bambini», ha rilevato che le sole industrie alimentari spendono circa 1,9 miliardi di dollari l’anno in campagne di marketing mirate ai bambini di tutto il mondo. 
Non è una pratica senza conseguenze: «L’organizzazione mondiale della sanità e altre istituzioni per la salute pubblica identificano nel marketing rivolto all’infanzia un fattore rilevante dell’epidemia globale di obesità infantile».
...Tutta la cultura capitalistica dei nostri anni cerca con feroce determinazione in ogni angolo del vivente materia da cui estrarre profitto. E trova sempre solerti figure intellettuali pronti a fornire motivazioni di utilità generale. 
Negli Usa è esplosa la questione dell’abolizione nelle scuole della pausa di ricreazione. La motivazione è stata quella di rendere more productive, più produttivi i bambini, che devono impiegare tutto il tempo scolastico ad apprendere.
Eppure è noto, e non da oggi, che proprio il gioco, tra i bambini, è una esperienza formativa decisiva
per il loro futuro e per il futuro di tutti noi. 
«La spiritualità ricorda ancora la Linn e i progressi scientifici e artistici si fondano tutti sul gioco. Il gioco promuove attributi essenziali a una popolazione democratica, quali la curiosità, il ragionamento, l’empatia, la condivisione, la cooperazione e un senso di competenza, cioè la convinzione che un individuo possa cambiare le cose in questo mondo». 
il gioco sta sparendo nel XXI secolo, sostituito da attività istituzionalizzate e disciplinate (scuole, palestre), dalla fruizione passiva della tv, dagli intrattenimenti digitali sempre più pervasivi, al punto da creare ormai patologie di massa.

...L’Europa entra più esplicitamente in campo per forgiare esemplarmente la nostra infanzia. 
Non per creare zelanti e totalitari consumatori, ma addirittura volitivi e vincenti imprenditori. 
In un documento di 40 pagine elaborato dal Joint Research Centre dell’Unione europea,
e varato nel 2016, il cosiddetto Entrecomp: the entrepreneurship competence, framework più
importante delle 8 competenze europee, che il Miur esorta ad assumere come riferimento teorico
anche per la scuola italiana, è la capacità di fare impresa.

Per intenderci e per usare le espressioni dei nuovi manager che si stanno impossessando della
scuola europea, occorre fare apprendere come si diventa capitalisti di successo «attraverso metodi
di insegnamento e apprendimento nuovi e creativi fin dalla scuola elementare».

Già i bambini di 5 o 6 anni dovrebbero apprendere ad «assumersi rischi», «prendere iniziative»,
imparare a «mobilitare gli altri», ecc. 
Si tratta, di un passo in avanti, rispetto alle esortazioni degli anni scorsi, da parte del ministero dell’Istruzione, a fornirsi di «competenze trasferibili», soprattutto quelle digitali, «che i datori di lavoro esigono sempre di più». 
Dalla a scuola a servizio delle imprese, alla scuola che ha per fine ultimo quello di creare imprese.
Non ci sono dubbi. 
Siamo di fronte a un assurdo e strisciante progetto di assoggettamento totalitario della base formativa del cittadino europeo alle ragioni dell’economia capitalistica. 

Il pensiero unico vuol crearsi le basi antropologiche della propria infinita riproduzione. Ma che società sarà quella popolata da un uniforme esercito di imprenditori?...

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