10 April 2018

L'infinito

Gödel e Cohen ci hanno insegnato che, per quanti sforzi si possano fare, alcune verità rimarranno sempre al di là delle nostre possibilità conoscitive. Gli esseri umani non riusciranno mai a capire la natura profonda dell'infinito.
Gli studiosi della cabala avevano compreso questo fatto intuitivamente, senza dimostrazioni matematiche: per loro l’infinito era Dio o cose che appartengono a Dio. Una di queste infinità era la chaluk, la veste infinitamente splendente di Dio, a cui nessun essere umano poteva rivolgere lo sguardo.
Ma a qualcuno è stato concesso di rivolgere un breve sguardo sull'infinito. Alcuni matematici e filosofi dell'antica Grecia, al tempo in cui la civiltà umana stava destandosi, furono in grado di cogliere verità sorprendentemente astratte circa l'infinito, come testimoniano i paradossi di Zenone e i lavori di Archimede, Eudosso e altri.
Galilei, il padre della fisica, dotato di una comprensione quasi soprannaturale del funzionamento dell'universo, fu benedetto verso la fine della sua carriera, perché gli venne concesso di rivolgere uno sguardo fuggevole a una proprietà dell'infinito di tipo discreto. Bolzano, sacerdote e matematico, fu in grado di compiere il salto dall'infinito di tipo discreto all'infinito di tipo continuo, e di comprendere la natura paradossale degli insiemi infiniti di punti della retta reale.
Ma fu Cantor, il creatore solitario della moderna teoria degli insiemi, a comprendere realmente alcune importanti verità relative all'infinito, e a distinguere in diversi tipi le entità che cadono sotto questo concetto. Il tentativo di capire il significato reale dei vari tipi di infinito, di sezionare l’irraggiungibile infinito e sondarne le parti più interne, può averlo fatto uscire di senno.
Ma il lavoro di Cantor aprì una porta del paradiso, una porta che non sarebbe più stato possibile chiudere. Dopo Cantor, infatti, la matematica non sarebbe più stata la stessa. Grazie a una pur parziale comprensione dell’infinito, e sotto il costante ed esplicito pericolo di avventurarsi oltre nella sua rete, nell'ultimo secolo la matematica è diventata una disciplina più coerente e meglio organizzata.
Nel mondo contemporaneo è emersa una disciplina di grandissima importanza: l'informatica; e anche qui, l'infinito e il suo studio (e le limitazioni che ci affliggono quando tentiamo di comprenderne la natura) hanno lasciato il segno.
Nel 1936 Alan Turing dimostrò che nessuna procedura meccanica può risolvere il “problema della fermata”, che consiste nel chiedersi se un dato programma informatico a un certo punto si fermerà. Un numero reale è computabile se esiste un programma per calcolare le sue cifre una per una. Sorprendentemente, quasi tutti i numeri reali non sono computabili. Turing dimostrò che, se si riuscisse a trovare una procedura meccanica per decidere se un dato programma si fermerà, allora sarebbe possibile computare un numero reale che non è computabile, ottenendo una contraddizione. Il problema, e la ricerca che è fiorita negli anni successivi alla dimostrazione di Turing, sono in stretta relazione con il lavoro di Gödel.
Nonostante la loro straordinaria potenza, i computer, come gli esseri umani, sono ostacolati dall'infinito.
In fisica l'idea di infinito diventa importante quando consideriamo l'estensione dell’universo: è finito o infinito? La risposta a questa domanda, naturalmente, non è nota.

Questo brano è tratto dal libro: "Il mistero dell'alef", di A. D. Aczel , Il Saggiatore.

L'immagine di apertura mostra l'equazione di Cantor che mette in relazione tra loro gli infiniti, rappresentati dalla lettera alef dell'alfabeto ebraico, equazione mai dimostrata....l'ipotesi del continuo!



No comments: